domenica 15 aprile 2007

Due da uno

La tavola brillava di bianco e di profumo di cibo di magro, sapido di curamore. Era cena di venerdì. Arrivato tardi, l'uscio aperto era stato un respiro, quegli occhi e le mani che avevano fatto con cura.

E tu? Come stai?

Che male, quel mettere a nudo la fine, la fine del sogni più bello.

Non sono più innamorato di te. Com'è questa fine, com'è? dove eri? dove sei?

E poi la voglia di braccia strette che facciano larga l'angoscia, che diano respiro che poi è un illudersi, spira anche più stretta dopo.

Vai a casa, AMan.



In silenzio, s'è rimesso il giubbino, è uscito, sono rimasta da sola, o notte, che lotta, notte.

Nei passi, ciascuno che calpestava i cristalli, ogni passo più lontani, eutanasia di un venerdì sera.

Pochi metri distanti come porti tra fortunali, piccoli gusci nei marosi, oh capitano, sei solo e ural il vento qui. Il silenzio del venerdì urlava dentro. Ghigliottina gran colpi sui dotti di cuore.

Mezzanotte, due da uno.

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