martedì 8 maggio 2007

5 parole

C'è una sensazione tattile sottile e piacevole. Una chiazza di lubrificante che avevamo spalmato accidentalmente sulla schiena di UnaDonna, non se lei o AMan mentre le stava allargando le terga col cuneo. Col tempo aveva perso parte dell'acqua ed era, ecco, quella senzazione, non so se di alcantara o di petalo, quella sensazione. Un senso di velluto sulla pelle morbida, tiepida, leggermente sudata.


Dunque, ora c'è un'ingolfo, tante sono le emozioni di cose fatte successe e godute ieri sera. Ci siamo addormentati, abbracciati, naso a naso, braccia cinte strette sull'altro. E quelle parole: è come se fossero passate ore o una giornata intera.

E la cucina disordinata, le tracce della cucina, le candele spente, il cianfrusame di stoviglie pentole, tovaglioli, lasciati lì... Farò domani, sera, quando tornerò dal lavoro.

Era il segno che il controllo si era avvolto su sé stesso e la direzione d'orchestra era passata dalla mente al corpo. L'altro a seguire.



Se sbobinassimo il nostro tempo emotivo, vedremmo scena per scena. L'incontro a casa di A-Woman, A-Woman che raggiunge poi AMan a casa sua, il preparare la cena, la discussione, 'mmazza che fatica e un po' di dolore, la mano sul volto, il baciarsi coi bustui tesi a cavallo della tavola, l'alzarsi resi dalla foga, lo spogliarsi, i pensieri tumultuosi e laidi, il controllo, respiro, rilassamento. E via di nuovo, a cicli. Fino alla supernova, esplosa. Poi in bagno, lei seduta sulla tazza del cesso, lui sul bide', in direzioni opposte, le parole, i baci, le mani sul corpo, liriche, in questo momento.


Mi aveva chiesto, baciandomi le mani: dillo, ora, che sorridi.


Ho goduto come una porca.


Non ce la facevo, non mi veniva.

Respira, mi diceva. respira.

Prendi questa tua parte, portala su. Dai un segnale che le vuoi bene, che è una parte che ti appartiene, tua.

Pazzesco, non mi veniva. Non ce la faccio, orsone.

E poi che aumentava i baci, gli brillavano gli occhi.

Ci siamo alzati, qualche passop, in piedi allo specchio del lavabo.

Abbracciata da dietro, i suoi occhi nei mei, guancia su guancia.

Dai.

Sorrideva.

Ho goduto come una porca.

Che fatica.

E sorrideva.

Ancora una volta, ancora una volta.

Una volta ancora.

Non sono arrivata al tre, dopo la seconda volta.



(mirelabratu)

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